L’ex procuratore della Repubblica di Torino torna
nella terra di suo padre per presentare il
libro "La giustizia non è un sogno", resoconto delle inchieste
condotte, dal doping nel calcio, alle morti causate dall’amianto. L’incontro si
terrà alle ore 18.00 di venerdì 10 novembre nell’aula consiliare del comune
picentino. Introduce Angela Petrone, presidente dell’associazione
organizzatrice “Itinerario”, modera Enzo
Landolfi. Il Sindaco Gennaro Aievoli
porterà i saluti della cittadinanza all’illustre figlio di un sanciprianese
emigrato al nord per lavoro.
Alla
discussione con l’autore interverranno Attilio Naddeo, dirigente medico già
sindaco di San Cipriano Picentino, Salvatore Gagliano, consigliere federale
FIGC, Tino Iannuzzi, deputato al Parlamento e vice presidente alla commissione
ambiente.
Raffaele
Guariniello è figlio di un sarto nativo della frazione Filetta, emigrato al
Nord, e di una operaia di una fornace di
Fragarolo, provincia di Alessandria. Nel carattere è un impasto di quel Sud e
di quel Nord: passione e rigore. Filoni ben espressi nella trama del libro “La
giustizia non è un sogno”.
Nella
sua carriera il procuratore Guariniello si è occupato della dignità del
lavoratore, facendo registrare un cambiamento fondamentale nel modo di
considerare i danni ambientali e le morti sul lavoro. E’ noto non soltanto in
Italia per i casi e i processi che ha condotto, dalle schedature alla Fiat, nel
1971, ai doping nel calcio, nel 1998, dalla tragedia della ThyssenKrupp, nel
2007, alla lotta senza quartiere, fondamentale per la storia della
giurisprudenza, contro il gran nemico, il portatore del cancro, l’amianto.
Si considera un magistrato caparbio che non lascia nulla d’intentato. È convinto che le
leggi non manchino, come si dice spesso: «Abbiamo tutto ciò che serve, nel
nostro ordinamento. Non ci manca niente, basta aver voglia di leggere, di
studiare».
La speranza di Guariniello è che si riesca a creare una Procura nazionale specializzata in
delitti ambientali e sul posto di lavoro. Il suo è un libro importante sulla
società nostrana. Non smette di stupirsi, il magistrato, quando incontra
qualcuno che gli dice: «Lei non è quello che si è occupato della...?». E lui
pensa alle 354.077 schedature della Fiat, ai visi doloranti dei parenti delle
vittime dei tumori, a quella tragica notte dell’incendio alla ThyssenKrupp. No,
invece. La sua fama, capisce, è legata soprattutto al calcio: che impressioni
ebbe veramente quando, in quell’inchiesta sul doping alla Juventus, vide
Zidane, Vialli, Baggio, Maradona, in particolare? Finito l’interrogatorio, il
campione argentino con una mossa felina, quasi fosse sul campo, dopo averlo
abbracciato, aprì la finestra e simile a un papa benedì la folla che si era
radunata sotto la vecchia procura. «Ti amo Italia», urlava commosso cercando il
consenso dell’imbarazzato giudice.
nicolavitolo
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