Tra storia e leggenda si ripropone la dodicesima rievocazione storica del passaggio di Federico II al castello di Roccadaspide e nella Valle del Calore.
L’evento avrà inizio alle ore 19 di sabato 3 agosto con il convegno “Federico II e la congiura dei baroni” che si terrà nella sede dell’Associazione “Agorà dei Liberi” in Capaccio capoluogo. Ai saluti iniziali di Alessandro Noce, Presidente dell’Associazione Agorà dei Liberi, e di Nicola Molinaro, Presidente Pro Loco Roccadaspide, faranno seguito gli interventi del Prof. Ciro Romano, docente dell’Università “Federico II” di Napoli e dell’Università di Jyvaskyla, Finlandia; di Mons. Luigi Barbarito, Arcivescovo di Castel Fiorentino e Nunzio Apostolico, titolare della diocesi dove nel 1250 è morto Federico II, nonchè membro della Congregazione per le Cause dei Santi, presso la Santa Sede; e del Prof. Gaetano Ricco, Presidente dell’Accademia Meridionale “Federico II” di Svevia di Albanella.
Domenica 4 agosto in programma, in mattinata, visita al campo medievale allestito con la possibilità di interagire con le varie figure per avere un’idea della vita militare e civile nel periodo storico. Nel tardo pomeriggio si terrà, per le vie del centro storico di Capaccio Capoluogo, la presentazione dei vari figuranti alla popolazione, per partire poi con il corteo storico che vede la partecipazione di oltre 150 figuranti a piedi e di circa 15 a cavallo. Nel corso della manifestazione ci saranno le esibizioni di sbandieratori, musici e tamburini, armigeri, arcieri e balestrieri, per concludere con la “Giostra del Saraceno”. Sul percorso della manifestazione previsti anche la presenze di stando per la degustazione di pietanze tipiche.
Il 31 agosto il corteo storico sarà presente alla XII festa della sfogliatella di Bellosguardo. Mentre il 21 e 28 settembre la rievocazione storica andrà in scena a Roccadaspide all’interno del castello medioevale. La rievocazione di una pagina di storia del XIII secolo è ideata e coordinata dalla Pro Loco di Roccadaspide guidata dal presidente Nicola Molinaro. Ha avuto spunto all’ombra del poderoso castello medioevale che, con i suoi 400 mq e sette torri difensive, domina l’antico borgo. In alcune delle sue 33 stanze pare che nel 1246 abbia soggiornato l’imperatore Federico II di Svevia con la sua corte, intervenuto a soffocare la congiura ordita contro di lui dai cospiratori convenuti nel castello di Capaccio. Il complotto contro l’imperatore dei Romani, re di Sicilia, di Germania e di Gerusalemme, era in atto già dal 1245 ed aveva come obbiettivo la sua uccisione e quella dei figli Enzo ed Ezzelino. Era architettato da Papa Innocenzo IV che dopo la scomunica aveva deposto Federico facendo eleggere un nuovo re di Roma. Federico II, conosciuto con gli appellativi stupor mundi ,”meraviglia o stupore del mondo", o puer Apuliae,"fanciullo di Puglia", dotato di una personalità poliedrica e affascinante, venuto a conoscenza della congiura, mise a ferro e fuoco i possedimenti dei congiurati. Dapprima i suoi sostenitori iniziarono ad assalire nel Cilento le rocche dei cospiratori: Sala Consilina fu occupata, Altavilla Silentina rasa al suolo. Ed infine, nell’aprile del 1246, fu lo stesso Federico a cingere d’assedio il castello di Capaccio dove i cospiratori si erano rifugiati sperando in un aiuto del Papa. La fortezza cadde dopo tre mesi, nel caldo afoso di luglio, perché Federico II riuscì a sabotare la grande cisterna maggiore del castello lasciando senza acqua i 150 uomini e le 20 donne che vi si erano riparati. I congiurati furono incarcerati andando incontro al giudizio dell'imperatore. Le punizioni dei traditori furono esemplari e commisurate alla colpa. Mutilati del naso, delle mani e delle gambe, accecati con un ferro ardente perché non potessero più guardare in faccia il loro signore, gli antichi amici furono trascinati al cospetto dello spietato giudice: Federico li condannò, secondo la lex pompeia, come violenti e li trattò da parricidi. Come tali, avendo operato contro natura, furono giustiziati secondo i quattro elementi di essa: alcuni furono trascinati da cavalli sino a morte, altri bruciati vivi, impiccati, infilati in sacchi di cuoio e gettati in mare. Solo con Tebaldo Francesco, il principale tra i congiurati, l'imperatore si permise un'eccezione: accecato e mutilato, doveva, con cinque altri, essere trascinato per tutti i climi della terra, di città in città, di re in re, di principe in principe, perché tutto l'orbe vedesse tale mostro. Le donne furono invece vendute come schiave a Palermo.
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