La Risoluzione n. 11 del 17 gennaio 2014 ha chiarito che “alle cessioni di acqua di sorgente o acqua da tavola,
chimicamente simile all’ acqua potabile, ma commercializzata al pari
delle acque minerali, torna applicabile l’aliquota ordinaria,
attualmente del 22 per cento”.
Questa in sintesi, è la risposta ad un interpello posto da una
società che parallelamente alla commercializzazione dell’acqua minerale
in bottiglia, aveva avviato la vendita di acqua di sorgente destinata al
consumo umano, contenuta in analoghi recipienti.
Giova ricordare che già a partire dal 1990 con la
conversione del D.L. 261/90 nella Legge 331/1990 recante le:
“Disposizioni fiscali urgenti in materia di finanza locale, di
accertamenti in base ad elementi segnalati dall’anagrafe tributaria e
disposizioni per il contenimento del disavanzo del bilancio dello
Stato”, è stato stabilito che alle cessioni e alle importazioni di acque minerali si dovesse applicare l’aliquota IVA ordinaria.
Il testo di prassi recentemente divulgato, avvalendosi di un parere reso dall’Agenzia delle Dogane nel 2012, argomenta che l’acqua di sorgente,
“dal punto di vista microbiologico, presenta caratteristiche di purezza
molto simili a quelle delle acque minerali e per questo motivo non
necessita di alcun trattamento”, tuttavia dal “punto di vista chimico
l’acqua di sorgente segue pienamente la legislazione delle acque
potabili (D.lgs. 31/2001) secondo la quale è tollerata la presenza di
piccole contaminazioni di origine antropica (solventi clorurati,
trieline, metalli pesanti come il cromo) assolutamente proibite in
un’acqua minerale naturale e che, se presenti anche a livelli di limiti
chimici delle acque potabili, farebbero revocare immediatamente lo
status di acqua minerale”.
L’amministrazione in conformità alle disposizioni contenute
nell’articolo 10 dello Statuto del contribuente che tutelano la buona
fede del contribuente in presenza di norme di dubbia interpretazione, si
impegna ad applicare l’esimente di cui all’articolo 6 del d.lgs. 18
dicembre 1997, n. 472, che prevede di non irrogare le sanzioni
per il comportamento seguito fino ad ora, nell’applicazione
dell’aliquota IVA del 10 per cento per la commercializzazione dell’acqua
di sorgente.
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