I vescovi della Campania dettano nuove regole per organizzare manifestazioni religiose.



Emesso dalla Conferenza Episcopale Campana il documento “Evangelizzare la pietà popolare. Norme per le feste religiose” in cui, analizzando la problematicità delle numerose feste popolari nella regione, si tracciano nuove linee per contrastare il proliferare di consuetudini pagane.
“Spesso le feste popolari nella nostra regione hanno solo la parvenza del sacro - denunciano i vescovi campani - esse, svuotate del loro contenuto cristiano non rendono credibile la fede da parte dei lontani”.  
I vescovi campani ribadiscono che le feste religiose (in particolare le processioni) sono di “esclusiva competenza e autorizzazione dell’autorità ecclesiastica”, e sono da distinguere  dalle altre manifestazioni che nulla hanno di religioso e non sono riferibili all'autorità ecclesiastica, perché attengono ad appositi comitati, a consuetudini locali, a motivazioni culturali o folcloristiche.
Per esse è stato adottato un decalogo di norme, illustrato sabato scorso a Salerno dall’arcivescovo Luigi Moretti, che mira a  purificarle  dall’interno orientandole nella giusta direzione. 

“Quando si parla di pietà popolare – ha precisato Mons. Luigi Moretti -  ci si riferisce a qualcosa che appartiene all’identità e responsabilità del popolo di Dio. Lungo il cammino, però, ciò che poteva essere espressione di fede ha assunto altri significati. Occorre quindi, riportare la pluralità di esperienze, legate alla pietà popolare, all’interno dell’autenticità della fede”.  
Pertanto, si avverte l’esigenza di recuperare il significato spirituale delle celebrazioni arginando quelle espressioni profane che sviano le festività religiose dalla sua intima sacralità. 
Mai più “giravolte con le statue dei santi e raccolte di denaro lungo il percorso” ha detto l’arcivescovo. Non solo. I presuli hanno stabilito anche che “il soggetto principale dell’organizzazione delle feste popolari deve essere il Consiglio pastorale parrocchiale. Il Comitato della festa deve essere espressione di tale Consiglio e se ne assume la responsabilità, collaborando con le istituzioni civili circa i rischi di infiltrazione malavitosa”. Il Comitato deve essere presieduto dal parroco e costituito da persone che si distinguono per impegno ecclesiale e onestà di vita. Non solo: il Comitato non dovrebbe essere permanente ma restare in carica per la sola celebrazione della festa. Il programma, poi, dovrebbe essere approvato dalla Curia in tempo congruo. Soprattutto, per superare le carenze di tali manifestazioni e perché i loro valori non vadano dispersi, “occorre un lungo lavoro di evangelizzazione e di purificazione”. Tale lavoro deve essere accompagnato da norme precise, la cui applicazione può comportare anche “il coraggio della impopolarità”, ammettono i vescovi. Insomma, “l’obiettivo principale è rinnovare la fede dei credenti e dare un senso più pieno a questi eventi”. 
“La festa - suggerisce il documento - sia preparata con un ‘novenario’ o ‘settenario’ o ‘triduo’, dando ampio spazio all’ascolto della Parola di Dio, secondo un programma preparato dal Consiglio pastorale parrocchiale. Si concluda la preparazione con un gesto di solidarietà all’interno o anche fuori dei confini parrocchiali”. Il momento ludico-esterno è un “elemento importante della festa e non va staccato dal momento religioso”, ma “non è concepibile che la festa religiosa si riduca a manifestazione paganeggiante, soprattutto con sperpero di denaro. L’equilibrio dei due poli della festa (quello celebrativo e quello ludico) è frutto di sapiente dosaggio”. 
Un altro aspetto importante è quello economico: “Non è lecito attaccare denari alla statua che peraltro non può essere messa all’asta e trasportata dai migliori offerenti. Non è consentito ugualmente raccogliere offerte e fermare la processione mentre si sparano fuochi artificiali”.
Nicola Vitolo

 

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